Se ora torni verso Cuvio ti verrà incontro il villaggio di Azzio che,
dicono i vecchi, fu fondato da Acca: la rustica dea, degna d’essere
onorata in un nome tanto gradevole, quivi importò viti tardive.
Sorge nei pressi Orino che diede il nome alla rocca
Giovanni Stefano Cotta (1435 ca.-1525), Descrizione elegiaca della Valcuvia
Lo spazio espositivo denominato Burghett di Rat è dedicato alle testimonianze di cultura materiale che raccontano il grande lavoro manuale svolto nei secoli dalla figura del boscaiolo, architetto del paesaggio.
Governare un bosco significa gestirlo attraverso forme selvicolturali.
La gestione del bosco era regolamentata dall’uso civico. Vigeva l’usanza di gestire il taglio dei fusti del ceppo utilizzando la scure. I fusti tagliati venivano ripuliti da rami e foglie con il rengin (falcetto) e la roncola. Erano attrezzi sempre a portata di mano, spesso appesi alla cintura da lavoro, accompagnati dalla cote per affilare le lame. I pezzi più grandi venivano ridotti in parti di minori dimensioni utilizzando cunei di ferro e mazze di legno. Si utilizzavano tutte le parti della pianta, anche le foglie secche: queste venivano trasportate presso le abitazioni con la gerla e impiegate come lettiera per la stalla.
Il legname di maggiori dimensioni veniva trasportato con la barozza: un carro a due ruote anteriori. I tronchi caricati sull’assito del carro, sfregando al suolo, provocavano un forte attrito che rallentava la discesa, frenando ulteriormente i buoi. Superate le discese con dislivello maggiore, per agevolare il trasporto in piano si montava un carrello posteriore di più piccole dimensioni. Il barozz veniva trainato da una coppia di buoi messi al giogo.
Per il trasporto dei carichi più leggeri e in presenza di copertura nevosa, si utilizzava la “svizzera da montagna”, detta schelcia. Al trasporto presso gli abitati ed i cortili, seguiva la preparazione della legna da ardere e del legname da opera.
Alcune delle testimonianze di cultura materiale presenti nello spazio espositivo del Burghett di rat, sono attrezzi da lavoro ancora oggi utilizzati per la manutenzione delle selve castanili e più in generale dei boschi. Roncole e falcetti sono strumenti ancora oggi in uso; un buon silvaniere li porta appesi al “por om“, il gancio da cintura così chiamato in riferimento al boscaiolo “pover’uomo“.
Osservando dal borgo di Orino il versante della montagna è possibile distinguere splendide faggete. Boschi misti e selve castanili abbracciano l’abitato. Visitando le selve castanili di Orino si può osservare un paesaggio che ricorda la gestione dei boschi di un tempo, quello della civiltà del castagno
La castanicoltura è ancora oggi praticata, pur essendosi molto evoluta da fine Ottocento ad oggi, attraversando una serie di fasi storiche.
Gli ecosistemi del patrimonio naturalistico di Orino sono al centro dell’interesse per essere fonte di biodiversità. Alcuni studi scientifici effettuati ed altri in corso, stanno permettendo di studiare in particolare la biodiversità delle selve castanili grazie ad una serie di interventi di recupero e l’importanza dei frutti antichi, come la Mela Poppina detta Pom Pepin, a cui è dedicato il Parco della Biodiversità – frutteto didattico.
Non solo ricordi: la comunità locale e le Associazioni, di concerto con l’amministrazione comunale, si prendono cura del territorio, valorizzazione tutelano il paesaggio. Questa è Orino Smart Village.
Il Burghett di Rat si trova qua